lunedì 22 settembre 2008

A proposito di Festival del Diritto


Nonostante che fosse stata loro spontaneamente sollecitata e richiesta dagli stessi organizzatori negli incontri ‘partecipativi’ tenuti nei mesi di maggio e giugno scorsi, la proposta dei giuristi cattolici piacentini di inserire nel programma del Festival del Diritto un intervento sul testamento biologico, o su altri temi attinenti la vita (proprio quelli che ispirano l’evento), del loro presidente nazionale Prof. Francesco D’Agostino non è stata evidentemente apprezzata ed è stata, con pretesti, respinta.

La nostra città ha così perso una importante occasione di incontrare una personalità di assoluto spessore a livello internazionale, e di ascoltarne la voce, unanimemente apprezzata e riconosciuta come espressiva ai massimi livelli della cultura filosofico - giuridica cattolica.

Per altro verso, i meccanismi ‘partecipativi’ attivati dal Comune di Piacenza si sono rivelati, perlomeno per quanto concerne i giuristi cattolici, una farsa.

Ma, a parte il fastidio di un lavoro inutile (e dell’inutile disturbo del Prof. D’Agostino, al quale, con l’occasione, Piacenza ha presentato un biglietto da visita forse un po’ sbiadito e sgualcito), lo strano (ed invero infelice) esordio evoca inevitabilmente il dubbio di che cosa il Festival realmente sia, o voglia essere.

Dubbio, tuttavia, immediatamente fugato dalla semplice lettura del programma definitivo del festival, presentato in questi giorni a Milano e consultabile sul sito internet del Comune.

Come la direzione scientifica affidata singolarmente al Prof. Rodotà (che sui temi etici è notoriamente schierato su posizioni ‘progressiste’) faceva, infatti, nello stesso tempo temere ed intendere, l’impostazione del Festival e le tesi di fondo che ivi si intendono svolgere e sostenere, agevolmente rintracciabili nel programma, paiono ricalcarne in modo puntuale gli orientamenti.

Domande ad effetto come: “Possiamo rifiutare le cure e morire dignitosamente? Può la regola giuridica sottrarre il governo della vita ai diretti interessati, sottrarsi alla loro libera volontà?”, per come sono formulate e per la qualità degli aggettivi usati, contengono infatti in sé le risposte, emotivamente conformi alle tendenze più libertarie ed individualistiche fino al capriccio delle moderne ideologie relativistiche.

Il programma riporta evidenti echi di non lontani dibattiti sui temi etici, p. es. in tema di fecondazione assistita, di famiglia e coppie di fatto, di eutanasia, laddove si legge che “cercando di rispondere a questo interrogativo scopriamo virtù e limiti del diritto, che non può divenire uno strumento autoritario per imporre valori non condivisi. Deve mettersi umilmente a disposizione di tutti, per consentire a ciascuno di sviluppare liberamente la propria personalità, come vuole l’art. 2 della Costituzione”.

Ma, ciò che anche colpisce, in diversi passaggi del programma risuona l’atteggiamento polemico ed insofferente della cultura laicista nei confronti della Chiesa, della quale la prima a più riprese ha contestato l’ingerenza (sovviene, in proposito, la posizione del Prof. Rodotà riguardo all’invito del Santo Padre alla università la Sapienza, ritenuto ‘inopportuno’).

Nell’occhiello del titolo dell’intervento di Chiara Saraceno previsto per venerdì 26/9 sul tema “le nuove famiglie”, dopo aver arbitrariamente dato per scontata la ormai acquisita pluralità dei modelli famigliari, si afferma, infatti, che ciò sarebbe avvenuto “non perché si è ampliata la conoscenza della ‘natura’, ma perché più soggetti sono entrati nella negoziazione di ciò che fa una famiglia, riducendo il potere dello Stato e delle Chiese”, dove il plurale “chiese” non riesce (né, forse, più di tanto vuole) camuffare il riferimento all’insegnamento della Chiesa Cattolica in tema di matrimonio e di famiglia e la censura di oscurantismo ed arretratezza che l’ideologia laicista, in proposito, le muove.

Giovedì 25, è prevista la proiezione “Le nuove famiglie: un cammino interrotto”, viaggio (che si profila nostalgico…), nella vicenda dei DICO a cura de L’A.T.OMO., cioè la Libera Associazione Tematiche Omosessuali di Piacenza che, scopriamo con sorpresa, ha potuto trovare (con altre associazioni locali) nel Festival quello spazio che è stato negato ai giuristi cattolici ed al Prof. D’Agostino, nonostante che quello stesso tema fosse già trattato da altri.

Tanta attenzione alle ‘nuove famiglie’, quindi, ma nessun intervento che riguardi la famiglia in senso tradizionale, quella tramandataci dalla tradizione cristiana, l’unica riconosciuta e regolata dalla Costituzione, in difesa ed a riguardo della quale nel programma del Festival non si spende neppure una parola.

Significativa, infine, è la concezione di uomo e di natura umana che si profila come oggetto e tema dell’intervento conclusivo del festival, affidato a Remo Bodei, “La costruzione dell’identità”.

In esso si afferma che l’identità individuale si costruisce su basi naturali e storiche, “verso un futuro ignoto … sullo sfondo della dimensione collettiva (da cui si riceve e a cui si dona senso) e nell’intreccio, spesso conflittuale, con sistemi di regole che siamo chiamati a condividere”.

Nonostante la presenza, tra gli organizzatori, della Università Cattolica e l’invocato aiuto (nella presentazione del Prof. Rodotà) anche dei teologi, non si trova nel programma neppure un accenno a Dio ed al Trascendente ed ai suoi riflessi sulle relazioni sociali, al diritto naturale, né, in tale prospettiva, al bene comune, in una concezione materialistica della vita e della dimensione umana che rispecchia fedelmente i dogmi e gli assiomi dell’odierno laicismo, di cui pare costituire il manifesto.

Questi il prologo ed il programma del festival, che, onestamente, dietro la parvenza di un confronto, assomiglia di più ad una operazione pubblicitaria e di promozione, sul piano culturale e giuridico, dei valori di una cultura libertaria e dei diritti individuali che, usando un termine corrente, possiamo definire ‘progressista’, contraria alla morale cristiana ed all’insegnamento della Chiesa sui valori non negoziabili (p. es. vita, famiglia, sessualità).

Il tutto, purtroppo, grazie alla deleteria complicità, a livello politico, di certo cattolicesimo ‘adulto’, che ci costringe a subire iniziative legislative, di cui non di rado è anche convinto fautore, per il riconoscimento delle coppie di fatto anche omosessuali; di favore al testamento biologico (la cui trattazione è delegata, nell’ambito del festival, al Consiglio Nazionale del Notariato, quasi che il problema fosse non in primo luogo morale ma solo di tecnica giuridica) in senso eutanasico; di riconoscimento della moltiplicazione dei generi e della libera scelta individuale della identità sessuale a prescindere dal dato naturale; dell’ammissibilità del ricorso libero alla fecondazione assistita e del diritto assoluto al figlio, ed al figlio sano; dove, come ha fatto il Prof. Rodotà, si accoglie la sentenza della Corte di Cassazione che autorizza l’uccisione di Eluana Englaro come la migliore possibile ed onorevole per la magistratura che l’ha pronunciata, e via discorrendo.

Dalle premesse, l’operazione culturale del Festival appare, quindi, non trasparente, pregna di messaggi più o meno nascosti, pilotati con cura ed in senso unidirezionale.

Per certi aspetti, sembra di assistere a certe trasmissioni televisive di parte, costruite ad arte, dove una parte degli invitati gioca, con linguaggio calcistico, fuori casa ed in un campo denso di trabocchetti e tranelli.

Come pare avvenire per i cattolici (quelli veri, non ‘adulti’) al Festival del Diritto.

Di questo crediamo sia bene essere avvisati, perché chi lo voglia possa partecipare all’evento con adeguato spirito critico.

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