sabato 27 agosto 2011

Maria






Quando mi ha detto delle sue soste sul sagrato della chiesetta di Denavolo ho avuto la conferma che il mio amico Carlo è, come me, un contemplativo.
Prediletta nei primi pomeriggi primaverili, l’ombra dei suoi muri ne proteggeva le ore di silenzio, di lettura, di meditazione silenziosa.
Le lesene giallo antico ne disegnano la struttura portante, per raggiungerla occorre prendere a sinistra al bivio di Denavolo – Gattavera. Da lì la strada inizia una breve discesa, per rialzarsi a sella dopo qualche centinaio di metri. La vista sulla valle del Trebbia è magnifica. Il greto grigio biancastro dell’alveo contorna il filo azzurro e minutissimo delle acque; attorno salgono i dolci declivi policromi dell’appennino, i versanti dorati dell’ocra dei campi di stoppie messi in risalto dal verde dei pascoli e dal bruno opaco delle arature. Io l’ho percorsa di recente, quella via, in sella alla mia colnago. Una salita mozzafiato, per le mie cosce, che fino a poche settimane fa non avrei avuto il coraggio di affrontare. Mi sono fermato due volte, a riprendere fiato, i battiti nel petto acceleravano troppo nel caldo opprimente.
E’ straordinario salire quelle erte scoscese tra gallerie naturali di alberi e fronde protese. Ogni salita e la sua fatica hanno in sé qualcosa di epico. Cerri e robinie e l’azzurro intenso del cielo vi fanno cornice; la maestà di immense nubi gonfie del loro biancore le sovrasta.
Ora il vento piega le cime secche del mais nel campo sotto la finestra della stanza dove batto queste righe. Se ne ode lo scrocchiante frusciare. Dietro, il triangolo riarso delle zolle rivoltate nella non recente aratura, e lo sbatacchiare sommesso delle imposte scalcagnate sul telaio della vecchia zanzariera. Un mormorio sommesso come lo sciabordare di una invisibile marea. Le ali forti di una tortora percuotono l’aria e consumano in un amen la breve traiettoria arcuata percorsa nello spicchio di cielo che da qui posso vedere, sotto la tapparella, alzata, ma non del tutto.
L’estate si sta consumando, accartocciandosi su se stessa come una foglia secca al fuoco di questo sole ormai vecchio ma sempre possente.
I viaggi e le avventure sono per ora finiti, ma lo sguardo, soprattutto del cuore, si spinge lontano, lontano, oltre la materia qui presente, e vede attraverso i corpi e la materia realtà indescrivibili, che hanno la straordinaria consistenza del desiderio e l’intensità di una vita pienamente vissuta.
Mi consola la certezza di non essere solo.
Di Medugorje e della Madre che lì ha voluto manifestarsi non so cosa mi sia rimasto, non so con quali occhi io possa guardarla né come vederla, né posso capire in base a che cosa io possa rivolgermi a lei né insomma c’è nulla di materiale e di tangibile che possa dare la consapevolezza della sua presenza.
Ma credo che ad una mia domanda di qualche tempo fa sia stata data una risposta: non temere, il tuo cuore mi sa riconoscere.
Per questo, forse, sono la tenerezza e la dolcezza che oggi lo abitano, del tutto irrazionali, che guidano l’intelletto e la ragione a dire sì, è lei, la nostra Madre è qui, è con noi, ci accompagna e ci protegge.