domenica 16 luglio 2017

PENSIERINI MATRIMONIALI ESTIVI


 Il problema è che non ho voglia di scrivere nulla, di condividere nulla, di comunicare con nessuno. Sono quella perniciosa voragine di cui parlava Dante Alighieri nel Monàrchia, semper ingurgitans et nihil refudens? È giusto questo? Devo lasciarmi trasportare da questa corrente di abbandono, sprofondarmi in questa inerzia accidiosa?
Francamente non so che risposta dare. Si affaccia come una tentazione il pensiero che sia finita un’epoca. Ma più forte e prepotente è il senso dell’amore di Dio, della sua Provvidenza. Della divina pianificazione del bene da svolgere. Il Signore chiama. Il Signore mi chiama. Questa è la prova che sono vivo. L’amore è qualità e sostanza unicamente divina, che può attraversare la nostra vita, di cui noi possiamo essere dei semplici ripetitori. Anche se inerti. È lui che opera.
In fondo il problema della società dei nostri giorni è ancora quello del Paradiso terrestre, dell’Eden, dei nostri progenitori Adamo ed Eva. Credere o meno che Dio possa bastare. Se si insinua il pensiero che Dio può non essere sufficiente a dare pienezza alla nostra vita, si aprono le porte, si pongono le premesse alla tentazione, come un piano inclinato e scivoloso, viscido, verso la concupiscenza. La superbia della vita, la concupiscenza degli occhi e della carne. In fondo il punto centrale, esistenziale, su cui si gioca la realizzazione delle nostre vite, è la dimensione oblativa o, in alternativa, individualistica che le dirige. La scelta è la nostra.
L’uomo è sempre lo stesso. Dalla creazione ad oggi, è sempre lo stesso.
È fondamentale capire quale sia l’asse fondamentale su cui girano le nostre esistenze. La posizione individualistica assomiglia, in fondo, anzi, è uguale, a quella infantile. Il poppante, il bambino, e residuamente anche l’adolescente, crede di essere il centro del mondo. In una identificazione inizialmente totale con la madre crede che tutto gli sia dovuto, è gravido di aspettative, desideroso di riconoscimento e di segni di affetto che gli comunichino e dimostrino il suo valore come creatura. Questo riconoscimento, che getta le fondamenta per la costruzione della personalità, la serenità, la fiducia in se stesso e la sicurezza interiore dell’adulto, andando avanti nella vita, diventando adulti, rischia di diventare una pretesa verso tutto e verso tutti, se non vi sarà stata una adeguata azione paterna e, in generale, educativa al mondo delle regole e dei doveri. Il mondo materno, di soddisfazione del piacere, rischia di diventare un circolo vizioso e velenoso, fonte di infelicità, condannando chi vi è prigioniero a cercare continuamente la soddisfazione dei piacere ed a dare tutto a se stesso.
Il problema del matrimonio moderno è, alla base, proprio questo. La concezione romantica, basata sull’affetto e sul sentimento, si potrebbe anzi dire il sentimentalismo, che viene confuso con l’amore. Un qualcosa che si pensa sia imprescindibile e che si debba pretendere per la propria desiderata felicità ed il proprio benessere. Illusoriamente. Alle volte l’amore e la fedeltà coniugale passano attraverso lunghi ed aridi deserti affettivi. Nell’amore nuziale c’è, certamente, anche l’affetto ed il sentimento, ma prima di tutto c’è una dimensione oblativa e una alleanza, alla quale si è chiamati a tenere fede. Nella tradizione cristiana, le Sacre Scritture si articolano su due fondamentali colonne, l’Antico ed il Nuovo Testamento. L’Antica e la Nuova Alleanza, suggellata da Cristo sulla croce e con la sua resurrezione.
Il matrimonio nella sua essenza più profonda, rivelata dal linguaggio del corpo, è la donazione reciproca degli sposi, l’uno all’altra. Una donazione a termine, revocabile, è una contraddizione in termini. Una violazione del patto di fedeltà reciproca. Il modello di donazione, però, non è quello umano che è interessato ad un contraccambio e in certi casi revocabile. Il modello di donazione è quello divino, suggellato da Gesù Cristo sulla Santa Croce. La morte e la resurrezione di Cristo sono testimonianza della irrevocabilità dell’Amore di Dio sancito nella Nuova Alleanza. Un mistero grande, dice San Paolo, con riferimento a Cristo ed alla Chiesa.
Ogni realtà umana non può essere davvero compresa appieno se si escludono Dio e la sua opera. Così il matrimonio, che supera l’istinto animale, sessuale, riproduttivo, per uniformarlo al modello dell’Amore di Dio e delle Nozze di Cristo con la sua Chiesa. La similitudine nuziale attraversa la Sacra Scrittura fin dalle origini. Sono le Nozze dell’Agnello che danno senso ed una direzione all’amore, in particolare sponsale, umano.
Che questa verità possa essere negata o negletta è un mistero, perché tutto il nostro essere interiore, nel profondo, esprime proprio questo incessante anelito.
Senza la prospettiva divina, il matrimonio resta parzialmente incomprensibile, come è, infatti, umanamente incomprensibile che due coniugi che non si sopportano più non possano separarsi e divorziare. Senza la Grazia di Dio è molto difficile (per non dire impossibile), in queste condizioni, resistere insieme. Ma separarsi porta dolori e danni ai coniugi ma, soprattutto, ai figli, espressione concreta ed irrevocabile dello loro intima e non revocabile unità.
Quindi la realtà del matrimonio, nel linguaggio del corpo, porta a Dio. Per altro verso, è la espressione più alta della fedeltà e del rispetto degli impegni presi. Perché, come è per diritto naturale, pacta sunt servanda. La separazione (salvi alcuni casi dove essa è provvisoriamente ammessa) ed il divorzio sono quindi una grave ingiustizia, una violazione dei doveri di lealtà e di fedeltà, e la lesione dell’affidamento del prossimo ad una promessa pubblica e solenne. Una società che non capisce più questo ed anzi che, con le sue leggi ed i suoi tribunali, lo legittima, è una società che non solo ha  abbandonato la fede, ma che incrina i rapporti di fiducia e di vera solidarietà tra i suoi membri, ferisce i più piccoli e, in una parola, si autodistrugge. Lo avevano capito anche gli antichi romani, quando posero mani a leggi che limitassero i divorzi. Allo stesso modo le società del Nord Europa (p. es. la Danimarca).
Trattare il matrimonio e la famiglia come una realtà disponibile anche nella sua definizione linguistica, inoltre, implica una vera e propria falsificazione della logica e del linguaggio. La costruzione di una realtà sociale malata ed artefatta, dalla quale non potranno che conseguire inganni, danni e sofferenza alle persone, soprattutto alle più indifese, ed a se stessa.