lunedì 10 marzo 2014

Il Padre e la regola


Chi, nei momenti di stanchezza e di difficoltà, non è stato tentato di mollare tutto, di lasciarsi andare, magari di annegare i dispiaceri nell’alcol, o di dimenticarli nel sesso, di fuggire, insomma, dalle difficoltà del presente, cercando sollievo con la fuga dalla realtà, in un proprio personale nirvana?
Questa reazione, ci insegna Jacques Lacan, non è nient’altro che la tentazione della regressione, del ritorno all’universo indistinto della fase pregenitale, la ricerca del calore del seno materno, un mondo dove tutto era indistinto e ci si poteva abbandonare nell’alveo morbido ed ovattato delle cure materne.
Un mondo nel quale, d’istinto, ed inconsapevolmente, spesso cerchiamo idealmente di tornare, e dal quale abbiamo cominciato, poco a poco, a liberarci, nel processo non mai realmente finito di conquista di noi stessi, nella costruzione della nostra personalità, per una serie di fattori esterni di ‘disturbo’. Tra questi, prima di tutti, l’azione paterna.
La prima norma universale, presente in tutte le epoche ed in tutte le culture, ci insegna il grande antropologo Levi-Strauss, è il divieto dell’incesto. Il padre, come ha evidenziato la psicoanalisi, da Freud e, in particolare, da Jung in poi, portando la regola, la norma, rompe il rapporto simbiotico tra il bambino e la madre, ed introietta nel bambino il principio di realtà.
Con l’intervento del padre, nelle dinamiche virtuose del complesso di Edipo da esso innestate, viene spezzato nel bambino il senso di onnipotenza, di essere il centro di un mondo nel quale tutto è universale ed indistinto, e scatta il primo meccanismo che è alla base delle relazioni sociali (e, quindi, del diritto): il riconoscimento. Il riconoscimento dell’altro, di un terzo, rappresentato in primo luogo dal padre.
Ponendo la norma, il padre rende quindi al figlio un servizio, frustrandone gli istinti narcisistici e portando, mediante l’identificazione con la figura paterna e la sua idealizzazione, al riconoscimento progressivo della realtà, alla conquista del proprio io, alla formazione della propria personalità.
Questa funzione del padre nello sviluppo del bambino aiuta anche a comprendere che l’autorità è un servizio, non una affermazione di potere, ma un aiuto a crescere, a prendere atto della realtà, ad essere educato alla azione ed alla rinuncia, abbandonando la prospettiva edonistica della ricerca della soddisfazione dei bisogni e dell’appagamento del piacere, in che sostanzialmente, in natura, consiste il mondo materno, i suoi simboli, gli archetipi nei quali si presenta.
Questo quadro, che ho voluto pur così grossolanamente rappresentare, ha delle singolari affinità con ciò che sta ora accadendo nella sfera sociale e pubblica delle relazioni umane.
In essa, notiamo innanzitutto un pesante appannamento del principio di realtà.
Lo profetizzava il grande scrittore inglese J. G. Chesterton, secondo il quale sarebbero venuti tempi nei quali fuochi sarebbero stati accesi e spade sguainate per dimostrare che una pietra è una pietra e che le foglie sono verdi d’estate.
Se si può normare per legge il matrimonio omosessuale, e presentare la diversità gender come normale e semplicemente alternativa alla eterosessualità, ciò è esattamente la prova che la profezia chestertoniana si è avverata: la società naviga ormai in un mondo irreale, preda di visioni e deliri che ben si possono sovrapporre a quelli infantili.
A ben vedere, questa sembra una conseguenza piuttosto naturale della rimozione, dagli schemi sociali, della figura del padre e del principio di autorità che esso rappresentava.
Fatto che, secondo Jacques Lacan, è la base della grande nevrosi dei nostri tempi.
Non solo degli umani padri di famiglia, assenti, come ci insegna lo psicologo Claudio Risé, spesso ridotti a stucchevoli manichini, narcisisti più o meno manierosi, misurati in base alla loro capacità di produrre reddito. Ma anche del Padre Celeste, Dio, così presentato nella Sacra Scrittura, nel cristianesimo.
In assenza di un Padre che dà la norma, la regola, la realtà ed il suo significato sono destinate a sfuggirci, a rimanere fenomeni vuoti ed incomprensibili. Così da giustificare ogni relativismo, anche sul piano etico.
Avviene così che la legge dello Stato, anziché aiutarci ad introiettare la realtà, si piega invece a soddisfare ogni istanza e finanche ogni capriccio individuale, rinunciando alla propria missione ed alla propria funzione, con svuotamento di ciò che il diritto è chiamato costitutivamente ad essere, in sé.
E così, a livello sociale, si osserva una regressione collettiva verso un mondo indistinto dove, come nel bambino, può essere messo in discussione e sfuggire persino un dato solido ed evidente, e non solo sul piano biologico, come la differenza sessuale, il cui riconoscimento e la cui mancata radicazione nel sé comporta, per lo psichiatra cattolico Tony Anatrella, la mancanza del presupposto indispensabile per poter capire la realtà.
Se non è orientata dal principio di realtà, dal carattere oggettivo delle sue istanze, e dal suo riconoscimento, la ragione diviene, come è, collettivamente, divenuta, irragionevole.

Questi sono i tempi paurosi che stiamo vivendo, nei quali si tenta, con l’impiego di enormi risorse, di inculcare visioni antropologiche assurde e fuorvianti, quali sono quelle dei genders, tali da destabilizzare (o, come anche si è detto, da decostruire) l’ordine sociale ed il suo più solido e certo fondamento: la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna.

domenica 2 marzo 2014

L’UNAR e la propaganda ideologica gay ed LGBT friendly



Cercando di semplificare al massimo, l’Unione Europea, nata tra a Roma e Parigi con i trattati degli anni ’50 per mere competenze e finalità economiche e dei commerci, dopo l’introduzione dell’unione monetaria (realizzata con il Trattato di Maastricht del 7.2.1992) e l’approvazione della Costituzione Europea (Trattato di Lisbona del 13.12.2007), vuole diventare anche un’Europa dei cittadini (europei) e dei loro diritti fondamentali.
A tal fine, dopo l’approvazione, il 4.11.1950, della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali (c.d. ‘CEDU’, acronimo che contraddistingue anche la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), il 7.12.2000 viene approvata la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, la cosiddetta ‘Carta di Nizza’, che a seguito del richiamo dell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea (come modificato dal Trattato di Lisbona), ha per i paesi membri il valore e l’efficacia (vincolante) di un trattato internazionale.
L’Europa, tuttavia, in base al suo trattato istitutivo, non ha le caratteristiche di uno Stato sovrano, e le sue competenze sono limitate alle materie previste, per l’appunto, dai trattati che la istituiscono.
Tra queste materie, occorre dire subito, non rientrano il diritto di famiglia e delle persone, e su tali materie il Trattato di Lisbona e la Carta dei Diritti di Fondamentali del 2000, approvata a Nizza, non sono affatto vincolanti per lo Stato Italiano, né, tra parentesi, in tema di matrimonio, famiglia, sessualità ed orientamento sessuale, hanno il significato esplicito che alcuni vorrebbere loro attribuire.
I principi e diritti in essi affermati, essendo limitati alle competenze della Unione Europea, non hanno, comunque, un valore universalistico, al contrario di quelli affermati nella nostra Costituzione.
Questa complicata, certamente noiosa e grossolana (ma spero sufficientemente chiara) premessa per dire che quello che pensa l’Europa sulla persona e sulla famiglia, sul matrimonio e sulla filiazione, sulla educazione dei figli e sulla istruzione, non vincola affatto gli stati membri, che continuano ad essere regolati e vincolati da quello che, invece, prevedono le rispettive leggi e Costituzioni.
Se le cose stanno così, viene da chiedersi: ma perché, allora, l’UNAR (Ufficio del Ministero delle Pari Opportunità che si occupa di contrastare le discriminazioni razziali) è stato così sollecito nel recepire la raccomandazione del Consiglio d’Europa (CM/REC(2015)5) che, con il titolo, “Combattere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, in realtà attua una vera e propria propaganda ideologica pro gay ed LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender), dai contenuti gestiti in esclusiva dalle associazioni di questi ultimi, senza neppure il consulto dell’associazionismo pro famiglia c.d. ‘tradizionale’ (in realtà l’unica che possa essere contraddistinta da tal nome)? Perché a seguito di una semplice raccomandazione del Consiglio d’Europa, non vincolante per lo Stato Italiano ed anzi –volendo- in contrasto con il dettato costituzionale, in assenza di leggi approvate dal Parlamento, il Ministero delle Pari Opportunità ha affidato a ben 29 associazioni di attivisti gay e LGBT, ed all’Istituto Beck, senza neppure consultare le associazioni pro famiglia, l’elaborazione di linee guida e (a spese dei cittadini) di libretti, da diffondere nelle scuole, che presentano l’omosessualità e le tendenze ed orientamenti sessuali LGBT come fatti assolutamente normali, alternativi alla eterosessualità e liberamente opzionabili dalla persona? I genitori e le famiglie italiane, e gli stessi insegnanti, sono tutti d’accordo che lo Stato Italiano, sostituendosi e loro ed in contrasto con i loro convincimenti morali e religiosi, insegni ai loro figli e promuova un atteggiamento gay ed LGBT friendly in una materia, come quella della sessualità, delicata, certamente discutibile e discussa, che avrà come risultato quello di violare il diritto dovere di educare e la libertà di insegnamento, ingenerando nei piccoli confusione e disorientamento? E perché nei centri di potere l’ideologia di una minoranza, quelli degli attivisti gay ed LGBT, deve prevalere contro quelle che probabilmente sono le convinzioni e la sensibilità della stragrande maggioranza dei cittadini?


Ecco, queste sono le domande che mi pongo, consolato dal pensiero che il governo Letta (dopo tante rassicurazioni di sostegno) sia provvidenzialmente caduto proprio per questa ragione di fondo: per lo scandalo ai piccoli che i suoi ministri stavano perpetrando. Metaforicamente, si tratta forse di una forma (edulcorata) di quella macina al collo che Gesù indicava come preferibile per chi scandalizza i piccoli che credono in Lui (Mt. 18, 6).

Alla Messa di mezzanotte

Paolo Uccello: Natività di Maria (1433)

Volevo raccontare questa piccola esperienza. Dopo la cena della Vigilia, siamo andati in Parrocchia per partecipare alla Messa di mezzanotte. Siamo arrivati per tempo, tanto da trovare posto nelle panche piuttosto avanti nella navata unica. Sulla parete dell’abside, di fronte a noi, la immensa Deesis di Kiko Arguello. Qualche minuto, e gli accoliti cominciano a transitare alla nostra destra in fila indiana, di lato, guadagnando il fondo della chiesa per la processione d’ingresso. Sfilano rapidi la croce astile, il turibolo, la Parola, i concelebranti, ultimo il Parroco Don Luigi. Mi accorgo con sorpresa che quest’ultimo porta in braccio una statua del Bambinello lunga una quarantina di centimetri. Lo porta in braccio, esattamente come una madre il figlio. La processione si schiera e comincia a percorrere la corsia centrale, alla nostra sinistra, verso l’altare; il coro intona ‘Astro del Ciel …’. Ora vedo tutti di spalle, la nuvola dell’incenso si disperde sopra le teste, le fila si aprono a raggiera, ciascuno raggiunge il suo posto del cerimoniale liturgico. Don Luigi, i curati ed il cerimoniere si accostano, invece, davanti all’altare, in basso, le spalle alla assemblea, al centro del transetto, dove c’è un piccolo presepe. La culla vuota, in attesa dell’evento. Mentre Don Luigi si china, ed io, fino a quel momento quasi assopito e stordito, finalmente capisco cosa sta per fare, d’un tratto mi ritrovo a guardare la scena come da un altro mondo, da un’altra dimensione. Mi rivedo sfilare davanti come in un lampo le tante letture sbocconcellate, anni di illuminazioni improvvise e quasi non cercate sul mistero del matrimonio e della famiglia, una sintesi teologica, psicologica, filosofica, del mistero sponsale e della dimensione trinitaria dell’Amore. Mi sorprende come in un agguato la straordinaria unità ed intima coerenza delle cose, delle categorie, degli archetipi di questo nostro mondo, che scopro con sorprendente facilità stretto e solidale alla conformazione ed alla logica, se così si possono chiamare, di un Dio Trinitario. Rimango meravigliato di quanto stretto sia l’abbraccio con il quale Dio ha voluto stringere la sua creatura, l’uomo, e quanto radicalmente profonda sia l’immagine di Sé che Egli ha voluto imprimere in lui. Sembra tutto così semplice e facile! Don Luigi si china e depone il Bambino nella culla: la Chiesa ha generato Cristo! Esattamente come una madre, precisamente come Maria, fecondata dal Padre, per opera dello Spirito Santo, la Chiesa genera continuamente Gesù Cristo, il Salvatore. Le categorie e le dinamiche dell’Amore sono, nel disegno di Dio, esattamente le stesse, che si parli della Trinità, di Maria, della Chiesa, del matrimonio e della famiglia. E tutto ciò si esprime nel carattere intimamente e, vorrei dire, costitutivamente sponsale dell’Amore, che si può realizzare nell’uomo nel suo essere creato maschio e femmina, grazie alla differenza sessuale. Cioè quello che Dio, nel suo progetto, vuole realizzare nell’amore umano è esattamente quello che avviene tra le persone della Trinità. Di questa relazione è segno l’Amore tra  Cristo e la Chiesa. Come il Padre è principio di vita, e il Figlio è da Lui generato, lo Spirito Santo è la Relazione di Amore che intercorre tra le Persone della Santissima Trinità. Allo stesso modo, lo sposo, il maschio, è segno di questo principio di vita che l’azione del Padre, l’uomo è azione; la donna, invece, la sposa, come lo Spirito Santo, è soprattutto relazione. Lo Spirito Santo rende possibile lo scambio d’amore tra il Padre ed il Figlio; la Donna, con la sua accoglienza, con la disponibilità a generare, come lo Spirito Santo rende possibile la relazione tra le persone. Così come la Chiesa, genera i figli di Dio, nel Battesimo, e la loro rigenerazione, nel Sacramento della Riconciliazione, rende possibile la loro relazione con Dio. Tutto questo mi si rende presente in una mirabile sintesi, semplice e lineare, priva di contraddizioni e facilissima da capire. Il logos, l’ordine oggettivo e la sua comprensione, da parte dell’uomo, che Edith Stein trova nella realtà delle cose, riconduce quindi senza fallo la realtà a Dio, come al suo Principio ed al suo Autore, e la rende comprensibile, finalizzata, pregna di senso metafisico ed escatologico. Se la donna è relazione, come lo Spirito Santo, questa sua peculiarità si esprime nella sua vocazione alla maternità ed a gestare e generare la vita, alla accoglienza, alla particolare attenzione all’altro, a ordire quella rete di relazioni che riempie i vuoti grossolanamente lasciati liberi dalla azione maschile, a dare sostanza alle relazioni sociali ed a tutta le società umana, a creare quel sostrato confortevole di rapporti, relazioni, attenzioni, solidarietà, mutuo soccorso, di cui la società ha un bisogno vitale. In tutto questo si può capire perché Dio, come dice il Beato Giovanni Paolo II, ha affidato in modo tutto particolare l’umanità alla donna. A patto che essa realizzi le sue peculiarità, e non rincorra modelli maschili di affermazione di sé. Il compito della donna, complementare a quello dell’uomo, sembra essere quello di sostenere l’azione maschile e di mitigarne l’asprezza e la durezza con il soccorso, l’attenzione e la cura ai deboli, l’accoglienza, la comprensione, la delicatezza. Questo pare abbia fatto Maria nella Sacra Famiglia di Nazareth, e anche nella vita del Figlio. Questo fa la Chiesa. Questo sembra, infine, il fine proprio della ‘azione’ femminile, che non può rinnegare l’essere la donna all’origine della vita di ogni essere umano, e di avere quindi contraddistinto di tali connotati femminili l’immagine, il simbolo, l’archetipo stesso della madre. Ad essi non può derogare se non causando nella società una deriva schizofrenica dalle conseguenze imprevedibili ma sicuramente nefaste. Don Luigi si è rialzato e sta aggirando l’ampio piano dell’altare, verso lo stallo dal quale presiederà l’assemblea festante. Sento nell’anima un senso di pienezza ed un benefico calore. Non ho mai sentito Dio così vicino e così stretto alla sua creatura, all’uomo. La sensazione resta, ne consolida la convinzione, anche se non capisco il perché di tutto questo, ed a questa piccola esperienza alla quale guardo ora, senza rinnegarla, con un certo e salutare distacco, mentre temo di avere scritto un mare di sciocchezze.

sabato 1 marzo 2014

Sintesi sulla famiglia


In questi giorni sono arrivato a questa sintesi.
La famiglia è come il codice sorgente di Windows, è il codice sorgente della società umana.
Il passaggio dalla natura alla cultura si realizza in modo naturale nella famiglia, nella sua essenziale struttura, per meccanismi non intenzionali ma necessari in base alla intrinseca natura dei rapporti parentali che, a partire dal matrimonio, ivi sorgono e si sviluppano.
L’immagine di Dio, nella sua dimensione trinitaria, si rivela, in questo modo, profondamente impressa nella famiglia, nel suo necessario presupposto della differenza sessuale, nell’essere l’uomo creato maschio e femmina.
Sono sempre più profondamente stupito ed impressionato dalla Sapienza della Creazione!