giovedì 10 marzo 2011

Secondo pensierino: ... a proposito di sottomissione (sempre a proposito di Sposati e sii sottomessa di Costanza Miriano).


… però occorre dire che la sottomissione è atteggiamento che contraddistingue non solo la donna nella matrimonio, ma, in generale, ogni cristiano, maschio o femmina che sia.
La sottomissione è reciproca, il fondamento ultimo ne è l’obbedienza a Dio.
Il cristiano promuove e valorizza l’altro e sta alla sua volontà a prescindere, perché sa che nei fatti e nell’altro, se a Lui ci si affida, opera la Grazia di Dio.
Non solo la donna, come moglie, è chiamata alla sottomissione, ma anche il marito, quando dà la vita per la moglie.
Che, concretamente, vuol dire che ne accetta le richieste, il modo di essere e di pensare, normalmente diametralmente opposto al suo, le aspirazioni, le volontà che essa esprime.
Il collante nel matrimonio è l’amore, che richiede prima di tutto la logica del dono di sé, più che di autoaffermazione personale (che pure, nel dono, si realizza in pienezza), di appartenenza possessiva, di dominio e di soggezione.
Anche se siamo tutti un po’ egoisti 8io molto), il dono di sé preferisce a sé l’altro, sia esso maschio o femmina.
Come dice, così bene, Costanza, lo promuove, lo valorizza.
Allora il problema è quello dei ruoli, se cioè si riconosca che più che di obbedienza in senso militare e gerarchico di una all’altro, o viceversa, si tratta di vedere se ciascuno sia, o meno, disposto a riconoscere all’altro un suo peculiare ruolo, come la dimensione corporea, prima di ogni altra, insegna con immediata evidenza: la donna matrice della vita, l’uomo un po’ selvaggio e cacciatore, le straordinarie ma diverse ricchezze di due spiriti fatti per comporre, insieme, un’unica carne.
Gli sposi che si amano in questa logica del dono, che parte prima di tutto da Dio, pur tirandosi magari, quando occorre, i piatti, si chiedono poi perdono, e gareggiano nello stimarsi e valorizzarsi a vicenda.
Sono disposti a morire ciascuno per l’altro, come Cristo per i peccatori.
Nella nostra società questo inestimabile valore dei ruoli, legati alla sessualità, nel matrimonio e nella famiglia, un po’ resiste ancora, come humus, alle ferree logiche femministe – relativiste, ed è per questo che qualche donna … ‘comunista’, come si legge anche in questo blog, può dichiararsi felicemente sottomessa al marito.
Ma non bisogna dimenticare che questa concezione di matrimonio e famiglia (che le varie ideologie vogliono soffocare …) viene dal giudaismo ed è retaggio, soprattutto, del cristianesimo.
Senza l’esperienza dell’amore di Dio è difficile, forse impossibile, da capire.
Forse è questo che Costanza ci ha voluto dire.
E, comunque, lei ci presenta un modello pratico di vita matrimoniale e cristiana che ciascuno, nella sua libertà, è libero di contestare.
Salvo poi vedere, all’atto pratico, di quale luce brilleranno i suoi occhi …

domenica 6 marzo 2011

Primo pensierino ...

Al solitario navigatore web che dovesse imbattersi in questo piccolo e modesto blog vorrei segnalare il recente libro di Costanza Miriano ‘Sposati e sii sottomessa’, edito per i tipi della Vallecchi (affrettarsi, mi pare sia già difficile da trovare!...).
Un testo fresco e divertente che affronta in modo decisamente anticonformista, rispetto alle ormai pedantissime ed omologate tendenze attuali di ogni discorso sulla donna, temi che certo femminismo ci aveva fatto disperare che potessero essere più trattati, come invece meravigliosamente succede per Costanza, in modo così allegro e spigliato (e, soprattutto, ortodosso) da una donna fiera e felice delle prerogative del suo stato, senza essere in costante e rabbiosa rotta di collisione con l’archetipo del maschio tiranno e prevaricatore e le sue arcigne ipostasi (figura retorica, per l’appunto, che indica la concretizzazione e personificazione, p. es, nei mariti o conviventi di turno, di un concetto astratto).
Un libro senz’altro da leggere, e una bella testimonianza di fede.
Chi volesse, può vedere Costanza dalla Bignardi su La7, comparizione di cui la nostra, nella sua modestia, non cessa, cara!..., ma erroneamente, di dolersi, o interagire con lei sul suo grazioso blog.

... problemi di stile ...


Dopo tanto tempo, ho rivisitato le pagine di questo mio bloggherello.
Ho riletto i miei posts, e mi sono improvvisamente perso nelle anse involute e contorte di periodi interminabili, pieni di incisi, coordinate, subordinate, parentesi, distinguo, divagazioni …
Eppure fin dai tempi ormai remoti dell’apprendimento scolastico sapevo che, per facilitare la lettura e la comprensione, i periodi devono essere il più possibile semplici e brevi.
Andando a rivedere qualche testo di grammatica, mi ha impressionato la quantità di proposizioni coordinate e subordinate che un periodo può teoricamente contenere.
Ma ancor di più la quantità di quelle che io sono riuscito concretamente ad inserire tra punto e punto.
Se potessi, infatti, io di un periodo farei un sol libro, infarcendolo di incisi e divagazioni tali da esaurire lo scibile ed il dicibile sul tema trattato nella proposizione principale.
In stile, quanto a lunghezza, stream of consciousness di Joyciana memoria, tanto per intenderci.
Penso che questo atteggiamento sia un residuo del complesso della ‘tessera del pane’ da cui penso di essere (stato?) afflitto.
Da quell’ingordigia, cioè, che nasce dal contingentamento dei beni alimentari del periodo bellico, per cui uno cerca di arraffarne quanto più può, anche oltre il bisogno, per saziare la sensazione mentale di restarne senza.
Di quella tragica vicenda ho avuto esperienza viva e quasi tattile nei ricordi e racconti di mia madre, del maestro delle elementari, dei miei nonni.
Così, in ogni ambito della mia vita privata e lavorativa, tendo ad ingolfarmi di troppe cose, pensieri, attività, interessi, impegni, attese, aspettative, coordinate e subordinate, per cui sono sempre in ritardo e soffro di ansie e tensioni che mi tengono la mente costantemente impegnata a misurare tempi e risorse disponibili per evitare lo sforamento.
Bisogna, quindi, porre rimedio, e cominciare dalla cosa più semplice.
Cioè, accorciare i periodi.
Per proseguire, magari, con qualcosa anche del resto.