martedì 30 luglio 2013

Contro la legge sulla omofobia noi veglieremo


Dove sono gli intrepidi paladini della libertà? Quelli che si strappavano le vesti sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali contro la minaccia alla libertà di stampa perché non potevano pubblicare gli atti (segreti) delle intercettazioni telefoniche nei processi a Silvio Berlusconi?
Ora che, con la proposta di legge sulla omofobia di imminente discussione alla Camera, ad essere minacciata è la libertà di pensiero, l’opinione della superiorità del matrimonio tra un uomo ed una donna rispetto a quello, cosiddetto, omosessuale, e del diritto dei bambini di avere un padre (uomo) ed una madre (donna), e non un ‘genitore A’ ed un ‘genitore B’ dello stesso sesso, ora che stiamo per assistere ad una vera e propria epurazione delle idee e della cultura, attuabile a suon di denunce e condanne penali, nel tentativo di rimuovere qualsiasi giudizio personale ed ogni riserva sulla bontà delle pratiche omosessuali, ora che sta succedendo tutto questo, dove sono finiti i paladini della libertà che, a suon di scioperi e manifestazioni di piazza, tuonavano dalle colonne dei maggiori quotidiani italiani?
Se lo chiede, attonito, tra gli altri, anche il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, dalle pagine del giornale dei vescovi.
Il silenzio stampa che accompagna i progressi di questa legge liberticida è impressionante, e risuona e rimbalza nelle strade deserte delle nostre città, quasi fossero ormai disabitate di anime libere, e sulle mura invisibili della nostra privacy, come il triste eco del disinteresse, se non, addirittura, della connivenza.

Neppure i cattolici più accondiscendenti alle posizioni relativiste fiatano. Quelli che pensano che certe cose io non le faccio, ma non posso impedire agli altri di farle, non si accorgono che gli altri, ben lungi dal ricambiarli, su temi così discussi e non univocamente accolti, vogliono proprio impedire a loro di pensare. Di avere una opinione e, ciò che conta, di tradurla di azione, nella libera espressione del pensiero; nell’insegnamento; nelle pratiche religiose e nella catechesi; nell’educazione dei propri figli. Guai a dire che le pratiche omosessuali sono contro natura, che esprimono un disordine psichico prima che morale, che sono diseducative e che vanno evitate, e che per le coppie omosessuali non ci deve essere spazio né per il matrimonio, né per l’adozione, ed a battersi per questo. Facendolo, infatti, se passa questa legge, si finirà sotto processo, con lo stigma di omofobi. In Francia è in atto una campagna che promuove la delazione, in rete (su internet, per intenderci, sui social network e quant’altro), per segnalare contenuti omofobi. Una vera e propria caccia alle streghe. Ma la ribellione dell’Italia, della eccezione italiana, come qualcuno (forse Giovanni Paolo II) l’aveva felicemente definita, viaggia sul web. Il tam tam dei cattolici e dei laici liberi ed intellettualmente onesti corre sulla rete, su Facebook, sui blog e social network. Tra le tante iniziative, nascono le Sentinelle in Piedi Italia, sulla scorta della esperienza dei Veilleurs francesi, che vegliano, in piedi ed imbavagliati, protestando così contro una proposta di legge ideologica e liberticida che alcuni uomini politici hanno cercato di far passare sulla testa degli ignari cittadini. Oltre ad intervenire ed a sollecitare ovunque una opposizione a questa iniziativa legislativa subdola ed insensata, anche noi, se occorrerà, siamo disponibili a scendere in piazza con i veilleurs nostrani, e ad organizzare veglie di preghiera, perché la felice eccezione italiana possa rimanere tale.

A proposito di omofobia

Prima di parlare di omofobia, e della proposta di legge sulla quale, il 22/7 p.v., inizierà la discussione alla Camera dei Deputati, occorre fare una premessa: non siamo omofobi!
Anche noi riteniamo che la discriminazione in ragione degli orientamenti sessuali sia odiosa, in particolare se attuata con mezzi violenti o con incitamento alla violenza!
A patto, tuttavia, di chiarire che cosa si intenda per discriminazione.
Mi chiedo, infatti, se, come padre, vieto ed impedisco al mio figlio minore di andare a fare i compiti, o in vacanza, a casa del compagno di classe, figlio di madre lesbica, convivente con la compagna, perché ritengo che la pratica volontaria della omosessualità sia espressione di un grave disordine morale e sia, come tale, diseducativa e dannosa per la società, e se traduco queste mie libere e personali convinzioni (o pregiudizi, se così si preferisca chiamarli) in una condotta pratica come quella che ho or ora descritta, realizzo o no una condotta discriminatoria? E sono, quindi, passibile di condanna penale?
E se, come insegnante, somministro nelle mie lezioni gli stessi contenuti sul tema della omosessualità e della distinzione ed orientamento di genere, sollecitando attività di contrasto ad una legislazione di favore al riconoscimento delle coppie di fatto omosessuali, al matrimonio gay ed alla possibilità di adozione da parte di tali coppie, commetto o no il reato di omofobia?
E ancora: se, come ministro del culto (cattolico ma anche mussulmano o di altra confessione religiosa), affermo i medesimi concetti nelle mie prediche, od omelie domenicali, evidenziando il carattere illecito o peccaminoso della omosessualità volontariamente praticata, ritenendola una perversione contraria all’ordine naturale delle cose ed invitando i fedeli, pur nella misericordia verso tutti i peccatori, a contrastare, per il bene comune, l’affermazione di tali modelli comportamentali in ogni possibile sede, sono o no passibile di condanna come omofobo in base alla nuova legge che il Parlamento si appresta a discutere?
Se la risposta a tali quesiti sia negativa, allora occorrerà quanto meno introdurre nel testo unificato della proposta di legge un emendamento, di matrice ampiamente garantista.
In tal senso si auspica si voglia muovere il mondo politico, a tutela del bene comune e di quello che credo sia il comune sentire della stragrande maggioranza degli italiani.
Diversamente, si avrà la conferma della mala fede dei proponenti, e di trovarsi di fronte ad un vero e proprio colpo di mano delle ideologie omosessuali e di gender.
Un conto, infatti, è la discriminazione quando consista in una scelta che introduce odiosi criteri di disuguaglianza (la persona umana ha la stessa dignità, a prescindere dal colore della pelle, dalla cittadinanza e dalla razza di appartenenza); altro discorso, invece, è una scelta che sia indotta da oggettive differenze tra diverse situazioni.
Per esempio quelle relative all’omosessualità ed alla identità di genere (temi che neppure nel mondo scientifico godono di unanime accoglienza e valutazione), ed a quale debba essere la loro relazione con l’etica e la morale ma anche con istituti di rilievo pubblicistico (matrimonio, famiglia, adozione) che, essendo precipuamente finalizzati per loro natura alla procreazione ed alla educazione delle nuove generazioni di cittadini, per tali specifiche ragioni (e non altre) godono del favor del legislatore.
Sulla base di un dato oggettivo di natura, della tradizione e delle personali convinzioni religiose o filosofiche o semplicemente antropologiche, si può infatti ritenere che le pratiche omosessuali, assolutamente libere e lecite nell’ambito privato, siano invece deleterie per la società, in sé ed a maggior ragione se improvvidamente dotate di rilievo pubblicistico.
Mi chiedo se, avendo tali convinzioni, alla luce delle norme che si intendono introdurre, si potrà in futuro tradurle in azione, nella educazione dei figli, nell’insegnamento, nella cura dei fedeli e nella evangelizzazione, nell’azione politica, e non si rischi, invece, l’accusa di omofobia, il processo penale e la conseguente condanna.
Da questo punto di vista, le norme proposte sembrano oltremodo vaghe ed ambigue, suscettibili di ampia strumentalizzazione e di azioni intimidatorie e repressive da parte di certe frange delle lobbies gay, che in più occasioni hanno dimostrato di non disdegnare l’imposizione forzosa e violenta del loro a mio parere discutibile credo.
Con questa proposta di legge è, probabilmente, in gioco una consistente parte della nostra libertà, maggiore di quanto non si pensi; e forse è bene non limitarsi a stare a guardare.
In Francia, per esempio, se ne sono accorti, e ne stanno facendo le spese.