mercoledì 27 febbraio 2008

Il matrimonio usa-e-getta

La Seconda Commissione Giustizia della Camera ha approvato il testo base, predisposto dal Senatore Brutti, del disegno di legge in tema di riduzione, ad un anno, dei tempi di divorzio, e per l’abolizione dell’addebito nelle separazioni, introducendo, anche, nuovi automatismi successori a favore dei coniugi separati, prima dipendenti dalla declaratoria di eventuali responsabilità del fallimento coniugale.
Lo spirito dichiarato delle nuove norme in discussione, almeno per quelle relative all’abolizione dell’addebito, è quello di togliere dai procedimenti di separazione elementi di conflittualità che, nella prassi, sono non di rado pretestuosamente introdotti dai coniugi per motivi di rivalsa o con intenti più prosaicamente speculativi.
E che questo avvenga, nella prassi dei tribunali, è senz’altro, tristemente, vero.
Ma l’addebito della separazione, per quanto sgradevole e malamente strumentalizzato nell’ambito dei procedimenti di separazione, costituisce comunque, in qualche modo, presidio dell’osservanza, da parte dei coniugi, dei doveri coniugali di fedeltà, coabitazione, assistenza morale e materiale, da loro solennemente assunti con il patto matrimoniale.
Nelle nuove norme proposte, invece, venuta meno questa garanzia, il diritto di ciascun coniuge di ricevere un assegno per il proprio mantenimento dipenderà dalla mera ed asettica valutazione dei rispettivi redditi.
Così potrà accadere che il coniuge offeso e tradito sia anche iniquamente gravato dell’obbligo di mantenimento dell’altro.
In pari tempo si vorrebbe che il tempo occorrente per ottenere il divorzio dopo la prima udienza, detta presidenziale, nel procedimento di separazione, sia, dai tre attuali, ridotto ad un anno.
Aldilà dei proclami e delle buone intenzioni che possano animare i senatori proponenti (i cui pensieri paiono tuttavia ideologicamente orientati), si assiste ora al tentativo degli stessi di banalizzare e ‘sterilizzare’ il contenzioso matrimoniale, imbavagliandone i protagonisti e riducendone gli adempimenti a mere e sbrigative formalità.
Il tutto con norme che introducono nel nostro ordinamento una specie di matrimonio usa-e-getta, con doveri affievoliti e privi di sanzione per il caso di loro inosservanza, che ne accentuerà i casi di dissoluzione in modo esponenziale, come testimonia l’esperienza della vicina Spagna.
La famiglia si presenta, quindi, di questi tempi, nei suoi tratti generali, sconvolta e tradita da un uomo spesso rinunciatario alle proprie prerogative di marito e di padre; da una donna che si nega alla maternità e reclama il diritto di uccidere i propri figli nel proprio grembo; da figli privati di una vera educazione ed abbandonati a sé stessi nella ricerca dei valori fondamentali della vita; da un legislatore che, dopo averla smembrata nelle separazioni e nei divorzi, vuole ora svuotarla di forza e di contenuti legittimando le unioni di fatto; riconoscendo e valorizzando i rapporti omosessuali; privandola finanche del nome che ne ha, fino ad ora, contraddistinto l’intima unità; cercando, da ultimo, di sminuire l’importanza dei doveri matrimoniali e sancendo brevi termini per la dissoluzione del matrimonio su cui la stessa si fonda.
Un quadro sconfortante che attesta inequivocabilmente la durezza dell’attacco, in odio all’uomo, in corso ai danni della cellula fondamentale e primigenia nella quale si forma la persona.
L’incapacità di comprendere il bene della famiglia e della società che il legislatore, così facendo, dimostra, pare voler travolgere ciò che di buono ancora custodisce la tradizione, con profonde radici cristiane, del nostro popolo, generando sofferenze e disorientamento nei coniugi, nei figli, nella società.
Ma siamo certi che la famiglia resisterà, grazie all’impegno di tanti laici intellettualmente onesti ed all’esempio di tante famiglie a cui le nuove generazioni potranno guardare fiduciose, traendone le ragioni di una vera Speranza.
E questo è l’auspicio con il quale, nonostante tutto, vogliamo inaugurare, per la famiglia, il nuovo anno 2008.

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