mercoledì 18 maggio 2011

L'ometto ducetto




E’ piccolo e un po’ tarchiatello, la figura e l’impostazione ricordano vagamente quelle ducesche del famoso ventennio.
Nonostante gli anni, è anche pateticamente affetto da una forma gravemente narcisistica di priapismo dannunziano, un po’ decadente.
Si inventa slanci di bontà ai quali poi aderisce e crede, con l’astuzia di un serpente nascosta sotto la sua pur vera ingenuità di bambino. La stessa per la quale nelle foto ufficiali poteva mettere sorridendo le corna ai capi di stato.
Alieno alla politica, chi può essere così sciocco da farne un modello di vita?
Eppure, quest’ometto ha coraggiosamente messo la firma sotto un decreto, poi respinto dal Capo dello Stato, che avrebbe salvato non solo la vita a una giovane donna, Eluana, ma, contemporaneamente, anche il principio sacrosanto del valore e della inviolabilità della vita umana.
Questo ometto positivo e scherzoso e, sotto certi aspetti, un po’ patetico, forse non è riuscito ad introdurre nel sistema fiscale il principio del quoziente famigliare, né a destinare alle famiglie maggiori e concrete risorse economiche.
Però ci ha salvato da una deriva ideologica che un altro ometto, questo sì moralmente rigoroso e riservato ed anche dall’aspetto pontificale, non solo non avrebbe impedito ma che anzi si era proposto concretamente e programmaticamente di incentivare e sviluppare.
Contro la famiglia.
Dell’ometto – ducetto (nell’aspetto, ma non solo …) la gente un po’ puritana pare essersi un po’ stancata.
Forse.
Così alle amministrative di Milano un rifondarolo può sfiorare il cinquanta per cento dei consensi al primo turno.
Questo rifondarolo ha presentato un progetto per attribuire ai figli il cognome delle madri, dimostrando, così, di non aver capito nulla di famiglia, di ruoli, di educazione, di tradizione; non parliamo di cristianesimo (tanto a chi importa?...).
Lo confesso.
Personalmente, l’avrei votato, l’ometto – ducetto.
Per la prima volta in vita mia, l’avrei votato, perché mi aveva conquistato.
Le sue umiliazioni, il suo essere pubblicamente svergognato, forse anche l’apparente flop elettorale, me lo fanno preferire di gran lunga ai professori della politica, quelli che sembra sempre che la sappiano lunga.
Meglio un poveretto peccatore che ci salva dalle coppie di fatto, dal dilagare dell’omosessualità omologata, dall’io non lo faccio in casa mia ma gli altri devono poter fare quello che vogliono, dalla pietà che toglie di mezzo i pazienti incoscienti, dal sentimentalismo che accetta una immigrazione selvaggia, dal moralismo puritano di chi difende a spada tratta l’aborto, la fecondazione assistita anche eterologa, la criocongelazione degli embrioni in vitro.
Anche se è divorziato e mi sembra sotto tanti profili un poveretto, l’avrei votato, perché è lui che ha permesso che fino ad ora da tutto questo fossimo salvati.
Da adesso in avanti non so cosa succederà.
Gli italiani vogliono un bel professore morigerato e castigato?
L’avevano avuto, e per fortuna se n’è andato.
Forse lo riavranno.
Poi, però, non vengano a lamentarsi, parlo soprattutto ai cattolici, se la diga si romperà definitivamente e tutto quello da cui siamo stati fino ad oggi, in qualche modo, preservati, si realizzerà, magari tutto d’un colpo.
Come politologo non valgo un fico secco.
Però non ho resistito a dire quello che penso.

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